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Il log di stazione... obbligo o verità?
Nel nuovo numero della rubrica Dalla parte della Legge, Michele (IZ2FME) si occupa dell’annosa questione del log di stazione, riprendendo un interessante articolo pubblicato su RR dall’ex Presidente Favata, perché sono giunte in Redazione alcune mail con richieste di chiarimenti contenenti, peraltro, degli utili suggerimenti in una prospettiva “normativa”. Buona lettura, allora e tanti, tanti DX.
P.S.: Non scordateVi di collaborare con RadioRivista e di inviare alla Redazione, o direttamente ad IZ2FME, le Vostre richieste di pareri o più semplicemente di approfondimenti, che saranno prese tutte in esame, compatibilmente con gli spazi disponibili. 73 dalla Vostra Redazione.
DOMANDA: Buongiorno a tutti, scrivo questa mail al fine di richiedere la possibilità di pubblicare un approfondimento, a cura di IZ2FME, in ordine alla disciplina normativa in vigore per quanto riguarda il log (cartaceo?) di stazione. Avendo chiesto a diversi radioamatori lo stato dell’arte riguardo a questo argomento ed avendo ricevuto risposte molto diverse (c’è chi non lo stampa più da anni, chi lo tiene ancora cartaceo, chi pensa di stamparlo solo all’occorrenza, in caso di eventuali controlli o ispezioni…), riterrei utile tornare ancora sulla questione. Inoltre, mi pare che potrebbe essere utile proporre al Ministero, accanto alla digitalizzazione di tutti i servizi in corso, anche la possibilità di prevedere un “upload unificato” dei log di tutti i radioamatori italiani, magari in formato ADIF, con i campi standardizzati... Insomma, una sorta di “cloud”, così potendo forse rendere pleonastico il mantenimento (qualora necessario) del log cartaceo, ottemperando comunque all’obbligo di Legge (ma è effettivamente un obbligo?), evitando al contempo la complessa procedura della autenticazione delle pagine del log cartaceo con la firma dell’operatore, la loro numerazione, ecc. e risparmiando - ecologicamente - il consumo di carta. Sono certo che una proposta di questo tipo potrebbe essere recepita dal Ministero. Spero che Voi di RadioRivista e soprattutto il Presidente dell’ARI a cui mi auguro venga inoltrata questa comunicazione, possa sensibilizzare la nostra comunità ham attraverso un articolo di IZ2FME, facendo finalmente chiarezza in via definitiva sugli aspetti legali e sugli obblighi ancora in corso (o meno) riguardanti il log di stazione. Certo di un inoltro a chi di competenza, invio i miei cordiali saluti e l’augurio di buon lavoro. Federico.
RISPOSTA: Caro Federico, il Presidente dell’ARI ha letto la Tua richiesta che mi ha immediatamente inoltrato, e lo stesso ha fatto la nostra zelante Segreteria (che ringrazio per la consueta solerzia). Il tema che Tu sollevi effettivamente è spesso dibattuto su molti forum che si occupano di questioni radioamatoriali, ed è stato già trattato, a mio avviso in modo compiuto e competente, dall’ex Presidente dell’ARI, Favata (vedi RadioRivista 3/2021). Tu però evidenzi anche altri - più specifici - aspetti della questione, in una prospettiva de jure condendo, ossia in vista di una possibile proposta di Legge da inoltrare eventualmente al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), a proposito di un “maxi log” virtuale contenente i riferimenti di tutti i collegamenti effettuati dalle stazioni radioamatoriali italiane, a mo’ di Logbook of The World (seppure con diverse finalità e modalità di accesso).
Procediamo, come sempre, con ordine. Una delle prime fonti normative nella quale compariva il riferimento al log di stazione è il cosiddetto “provvedimento Einaudi” (d.P.R. 14 gennaio 1954, n. 598, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 10 agosto 1954) ove, all’art. 7, c. 1, lett. n), l’allora Ministro delle Poste e Comunicazioni Panetti stabiliva che presso le stazioni di radioamatore deve essere tenuto al corrente un registro nel quale «saranno annotate le indicazioni relative alla data, ora e durata delle singole trasmissioni; le caratteristiche tecniche (frequenza, potenza, tipo di trasmissione); i nominativi delle stazioni corrispondenti e il contenuto delle comunicazioni effettuate, indicazioni conformi a quelle contenute nei registri. della I.A.R.U. International Amateur Radio Union». La stessa norma, inoltre, precisava che queste registrazioni dovessero essere annotate «a inchiostro o a matita copiativa» (ve la ricordate? Io all’inizio della professione ho potuto ancora ammirare, in vecchi e polverosi fascicoli, atti giudiziari in “carta carbone”), «in modo chiaro e leggibile, senza spazi in bianco, interlinee, trasporti in margine o abrasioni; le eventuali cancellature dovranno essere eseguite in modo che le parole cancellate siano leggibili». Naturalmente, i fogli del registro di stazione dovevano essere «numerati e firmati dal radioamatore», e questi registri avrebbero dovuto essere «tenuti a disposizione» del Ministero, che si riservava «la facoltà di richiederli in qualsiasi momento o di esaminarli a mezzo di propri ispettori». Gli stessi registri, infine, avrebbero dovuto essere conservati «almeno per l’intero anno solare successivo a quello in corso».
Permettetemi due osservazioni che balzano subito all’occhio. 1) È interessante (correva l’anno 1954, chi scrive sarebbe nato vent’anni dopo) il riferimento alla IARU: un richiamo, si dice in gergo, per relationem, con il quale la fonte di diritto nazionale fa propria, all’interno dell’ordinamento, una norma proveniente addirittura da un’Associazione internazionale (questione di scottante attualità, pensiamo solo al band plan e ai problemi di coordinamento transnazionali). 2) Notate la meticolosità e precisione della tecnica legislativa utilizzata: ogni parola e ogni virgola sono state pensate, pesate e scritte con cura nell’articolato del provvedimento (non commento in merito a ciò che, purtroppo, sempre più spesso accade oggi, ossia un generalizzato decadimento che è fonte di annosissimi contenziosi in sede giudiziaria dovuti alle plurime e discordi interpretazioni dei testi di Legge).
La ratio della norma mi pare evidente, sta a dire «mettere a disposizione» dell’Autorità Ministeriale i detti registri, al fine di un eventuale controllo (ricordiamoci sempre che quello del radioamatore era e resta un servizio di pubblico e generale interesse, il cui esercizio deve rispondere a ben determinati criteri). Ebbene, questa norma è stata richiamata - sostanzialmente negli stessi termini - dall’art. 10, c. 1, lett. l) del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214 (G.U. n. 15, 18 gennaio 1967). È poi intervenuto il d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (G.U. n. 113, 3 maggio 1973), il quale, all’art. 404 (Uso di nominativi falsi o alterati), stabiliva - prevedendo delle sanzioni penali - che «chiunque, anche se munito di regolare licenza, usi nelle radiotrasmissioni nominativi falsi o alterati o soprannomi non dichiarati, è punito con l’ammenda da lire 10.000 a lire 200.000 se il fatto non costituisca reato più grave. Alla stessa pena è sottoposto chiunque usi nelle stazioni radioelettriche una potenza superiore a quella autorizzata dalla licenza od ometta la tenuta e l’aggiornamento del registro di stazione». Questa ultima norma è stata tuttavia abrogata in modo espresso (vedremo fra breve il perché) dall’art. 218 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche (il famoso D. Lgs. n. 259/2003 che così tante volte abbiamo citato in questa rubrica).
Ma allora, che fine ha fatto l’art. 10 del d.P.R. n. 1214/1966? Spulciando nel Codice delle Comunicazioni si può constatare che l’unica disposizione formalmente e nominativamente abrogata facente parte dell’originario d.P.R. n. 1214/1966 è l’art. 7 e, quindi, ragionando a contrario, tutte le altre disposizioni, compresa quella a proposito dell’obbligo della tenuta e dell’aggiornamento del log di stazione (cioè l’art. 10) potrebbero essere ritenute - a torto o a ragione - ancora in vigore. Si tratta a mio parere di una tesi non del tutto convincente, perché, per abrogare una norma, non è necessario che il Legislatore lo scriva in modo espresso, ma è sufficiente che ne adotti un’altra, di pari rango, in data successiva, che regoli la materia in modo diverso (i latini sintetizzavano il concetto, come bene erano capaci di fare, con il brocardo lex posterior derogat priori).
Ma adesso torniamo a noi e ai tempi moderni. L’art. 215 del D. Lgs. n. 259/2003 (non a caso, rubricato allo stesso modo dell’articolo abrogato espressamente del d.P.R. n. 156/1973) prevede, testualmente, quanto segue: «1. Chiunque, anche se munito di regolare autorizzazione, usi nelle radiotrasmissioni nominativi falsi od alterati o soprannomi non dichiarati, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 34,00 a euro 670,00 se il fatto non costituisca reato più grave. 2. Alla stessa sanzione è sottoposto chiunque usi nelle stazioni radioelettriche una potenza superiore a quella autorizzata dall’autorizzazione od ometta la tenuta e l’aggiornamento del registro di stazione».
Il Legislatore ha inteso dunque semplicemente sostituire, per queste fattispecie, le sanzioni penali (che presuppongono la commissione di reati), con le (meno gravi) sanzioni amministrative (come le multe previste dal Codice della Strada, per intenderci), nell’ottica del processo di progressiva “depenalizzazione” di comportamenti che - col passar del tempo - procurano sempre minor allarme sociale. Ancora una volta, però, nella norma è contenuto il riferimento alla disciplina inerente il log di stazione, seppur citato sotto il profilo dell’aspetto sanzionatorio per la sua omessa tenuta o aggiornamento. Il che non può significare che una sola cosa: vige tuttora l’obbligo di prender nota dei collegamenti effettuati, su questo mi pare non vi sia alcun dubbio.
Ma Tu, giustamente, sollevi un’altra (e diversa) questione: non tanto se il radioamatore sia o meno tenuto a dotarsi del log, quanto piuttosto “come” si debbano registrare i QSO, sia in termini di singole diciture, sia a proposito della forma cartacea e/o informatica del registro (molti di noi, infatti, oramai dispongono esclusivamente di log informatizzati, specie per chi prende parte ai contest in HF, che possono produrre decine di migliaia di collegamenti all’anno e che sarebbe impensabile trascrivere in un formato cartaceo, salvo stampare centinaia e centinaia di pagine numerate e sottoscritte ognuna in calce).
Nel Codice delle Comunicazioni Elettroniche non esistono altre disposizioni che contengano specifici riferimenti al log di stazione, all’infuori dell’art. 3, c. 1 dell’Allegato 26 al D. Lgs. n. 259/2003, Sub Allegato D, relativo al programma di esame per il conseguimento della patente di radioamatore (la norma, lo ricordiamo, è stata di recente razionalizzata dal decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 1 marzo 2021, in G.U. n. 70, 22 marzo 2021: Modifiche all’allegato n. 26 al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche, recante la normativa tecnica di disciplina dell’attività radioamatoriale). Il provvedimento, infatti, nella Sezione inerente alle nozioni di normativa, fa anche riferimento alla «dimostrazione pratica della conoscenza della tenuta di un registro di stazione: modo di tenuta del registro, obiettivi, dati da registrare». Il che è a dir poco singolare, giacché - salvo per quanto riguarda l’art. 7 del d.P.R. n. 1214/1966 - nel D. Lgs. n. 259/2003 non vi sono indicazioni al proposito. Sarebbe come chiedere a un candidato all’esame di maturità di parlare del poeta X, senza sapere di chi si tratti. Si deve allora concludere che il Legislatore abbia implicitamente inteso riferirsi proprio al log cartaceo con le caratteristiche normate nel lontano 1966, quando i Beatles stavano girando in lungo e in largo per gli Stati Uniti durante la loro decima e ultima tournée?
Secondo me questa tesi è plausibile (almeno sotto l’aspetto strettamente formale), anche se, per i già citati motivi, condurrebbe a delle conclusioni un po’ “fuori tempo” e in una certa misura difficilmente attuabili in concreto. Per questa ragione mi risulta che alcuni Ispettorati del Ministero (facendo una rapida ricerca sul web potete facilmente reperire le fonti) in caso di controlli, si siano limitati a richiedere la produzione del log in formato informatizzato (su file), ovvero abbiano semplicemente richiesta la stampa, ex post, del medesimo log. Dopotutto, traducendo dal Digesto, «interpretare le leggi non significa capire meccanicamente le loro parole, ma comprenderne l’effettiva portata nel loro complesso»: si tratta, in altri termini, della cosiddetta “interpretazione teleologica” (o finalistica, ex art. 12 delle preleggi).
Da questo punto di vista mi pare si debba (o si possa) valorizzare la ratio legis ricavabile proprio nelle prime fonti normative in materia di registro di stazione, che era incentrata sulla possibilità di «mettere a disposizione» dell’Autorità competente, in caso di ispezione, i dati principali del collegamento effettuato in una data X, su una frequenza Y, ad un’ora Z, con la stazione K, al fine di consentire anzitutto la verifica del rispetto delle norme contenute nel Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze. Sotto questo profilo non intravedo sostanziali differenze fra un log cartaceo già formato e un log “stampato a richiesta”, anche perché la precedente sottoscrizione e numerazione dei singoli fogli del registro (nella sua versione “arcaica” e originaria) non erano comunque attività di per sé idonee a scongiurare una sua eventuale manomissione, allo stesso modo dei log su supporti informatici.
Certo è che, volendo valorizzare il dato strettamente formale (d.P.R. n. 1214/1966, art. 10) e intendendo dormire sonni tranquilli, io suggerirei di tenere comunque almeno stampato il log, con la numerazione e sottoscrizione dei tabulati (volendo, come si usa dire dalle mie parti, “soffiare sulla minestra fredda”). Per completezza, aggiungo che non mi pare in ogni caso applicabile a questa materia l’art. 2215-bis del Codice Civile (al quale alcuni radioamatori si riferiscono per sostenere che dovrebbe ritenersi scontata la possibilità di mantenere il log esclusivamente in formato informatizzato). Questa disposizione, infatti, si configura come norma speciale in materia di libri, repertori, scritture e documentazione attinenti esclusivamente alla attività d’impresa, ed è stata introdotta nel nostro Codice Civile dall’art. 16, c. 12-bis, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito in Legge 28 gennaio 2009, n. 2) proprio per disciplinare questa particolare e specifica materia. Essa disciplina, specificatamente, le modalità di tenuta dei libri e delle scritture contabili con metodi informatici e ne regola l’efficacia probatoria conformemente ai principi di cui agli artt. 2709 e 2710 del Codice Civile (si pensi - ad esempio - alle società commerciali).
Quanto, infine, alla Tua proposta di verificare con il MIMIT la possibilità di creare un “maxi log” informatizzato, mi pare una buona idea in termini generali, che - tuttavia - sarebbe in concreto irrealizzabile. Violerebbe infatti i più basilari principi di tutela della riservatezza, come recepiti, da ultimo, dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla «protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati». In base all’art. 5, c. 1, lett. c), i dati raccolti e trasmessi a terzi devono essere sempre «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati», ciò in base al principio della cosiddetta “minimizzazione dei dati”; da questo punto di vista verrebbe ad essere attuato un meccanismo (molto complesso da gestire) del tutto sproporzionato rispetto alle finalità di controllo e verifica che riguardano il singolo radioamatore e non tutta la comunità radioamatoriale del Paese indiscriminatamente. Si deve inoltre tenere presente che sorgerebbe anche il problema del consenso dei radioamatori corrispondenti materialmente registrati a log, i cui nominativi verrebbero ad essere di default trasmessi a terzi, tramite il web e mediante l’uso di sistemi non certificati (come ad esempio le PEC) e quindi potenzialmente non sicuri.
Mi pare invece che la Tua lettera sia di grande importanza per i vertici dell’Associazione, i quali potranno valutare se e in che forma chiedere che il Ministero, nei prossimi step di aggiornamento del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, colmi anche questo (apparente) vuoto normativo, precisando, expressis verbis, come debba essere tenuto il log e facoltizzando in modo espresso la sua tenuta attraverso i soli mezzi informatici.
Spero di averTi risposto. A presto e 73 a tutti i lettori e colleghi radioamatori
de Michele, IZ2FME