- Notice
Le stazioni remote - 1a Parte
Grazie a tutti i lettori da parte della Redazione di RR per i molti messaggi di apprezzamento che giungono sia per RR, sia, in particolare, per la Rubrica curata dal nostro IZ2FME, l'Avvocato Michele Carlone, impegnato ad affrontare le molteplici implicazioni giuridiche e legali in cui l'attività radiantistica può trovarsi coinvolta. Continuate a scrivere alla Redazione o direttamente a Michele sottoponendogli i vostri quesiti, o semplicemente, per avere delucidazioni su argomenti "spinosi" o sui quali ritenete opportuno che il nostro Avvocato possa indagare.
Buoni DX e 73 dalla Redazione.
Ed eccoci all'argomento della puntata di questo mese:
Domanda: "Caro IZ2FME, ci siamo incontrati alla fiera di Mombarone, durante gli esami per il conseguimento della patente radioamatoriale USA, dove Tu, I1JQJ e l'inossidabile IK2CIO eravate membri del team ARRL di VE: Ti ricorderai che proprio in quell'occasione Ti chiesi se in Italia siano o meno consentite le c.d. "stazioni remote", come avviene negli Stati Uniti. A me personalmente farebbe comodo poter trasmettere da casa mia (abito nel trafficatissimo ed affollatissimo centro di una grande città), ma utilizzando via Internet le antenne installate sulle colline attorno alla periferia cittadina, dove i miei suoceri sono proprietari di un cascinale che utilizziamo di tanto in tanto per brevi periodi di relax. Ti sarei grato di un Tuo autorevole chiarimento in merito. Ti ringrazio fin d'ora e Ti invio i miei 73 più cordiali. Lettera firmata".
Risposta: "Caro Pietro, mi ricordo bene di Te e del Tuo exploit (passare la Extra - Class senza neanche un errore non è da tutti!). Con il termine "stazione remota" ci si intende generalmente riferire ad una stazione radioamatoriale collegata "a distanza", di solito (ma non necessariamente), via Internet, cosicché essa possa essere operata anche se il suo titolare non sia fisicamente presente nello shack, ma in un altro luogo: è sufficiente che da quella diversa postazione l'operatore si colleghi "da remoto", appunto, e così piloti la sua stazione, uscendo "on air" utilizzando le antenne posizionate … "altrove".
In metafora, si potrebbe dire che è come se il titolare della stazione utilizzasse un microfono (o un tasto telegrafico) … "a distanza", con un cavo ideale lungo, ovvero lunghissimo. Con questo sistema si potrebbe addirittura operare da un Paese ‘x' una stazione collocata in un Paese ‘y'. I problemi, sia sotto il profilo del nostro diritto interno, sia dal punto di vista internazionale, non sono tuttavia pochi e di facile soluzione. In effetti, se si fa una rapida ricerca sul web, si possono leggere i più svariati commenti, opinioni, disquisizioni (alcune condivisibili, altre un po' meno …). Ciò da cui bisogna partire, però, se si vuole affrontare ed analizzare l'argomento con serietà ed in modo oggettivo, è - piaccia o non piaccia - sempre e solo il dato normativo, che va interpretato secondo i criteri previsti dall'art. 12 delle preleggi; esso dispone che, nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle singole parole (si tratta della c.d. "interpretazione letterale"), senza tralasciare di indagare l'intenzione del Legislatore (c.d. "interpretazione logica"). La norma stabilisce, altresì, che - se un caso non possa esser deciso con una precisa disposizione - ci si deve riferire a disposizioni che regolano casi simili (c.d. "interpretazione analogica").
Infine, se rimangono ancora dei dubbi, "si decide secondo i principi generali dell'ordinamento" (c.d. "analogia iuris"). Ebbene, fino a qualche anno fa (prima dell'entrata in vigore del D. Lgs. n. 259/2003), non vi era alcuna traccia a proposito delle stazioni remote nel nostro ordinamento; solo con il c.d. "Codice delle Comunicazioni Elettroniche" (il D. Lgs. n. 259/2003, appunto, in G.U. 15.09.2003, n. 214), è stato previsto all'art. 12 dell'All. 26 (comma 4) che, … è consentita l'interconnessione delle stazioni di radioamatore con le reti pubbliche di comunicazione elettronica per motivi esclusivi di emergenza o di conseguimento delle finalità proprie dell'attività di radioamatore" (ved. anche il D.M. 01.03.2021, in G.U. 22.03.2021, n. 70, che ha riscritto l'All. 26, lasciando tuttavia invariata la formulazione di questa norma).
È a tutti evidente, anche solo ad una sua prima lettura, che questa disposizione contenga una contraddizione in termini, laddove è stato utilizzato l'aggettivo "esclusivi"; infatti, se l'interconnessione di stazioni radioamatoriali (si badi che è stato utilizzato il plurale, ved. infra) alla rete internet vien consentita esclusivamente per ragioni di emergenza, in teoria non dovrebbero esser previsti altri casi. E invece il Legislatore, nel secondo periodo dell'art. 12, c. 4, ha pensato bene di aggiungere – utilizzando il termine "o" (e non "e"), una fattispecie di carattere generale e di generalizzata applicazione: "o di conseguimento delle finalità proprie dell'attività di radioamatore", come dire che, in fin dei conti, qualsiasi stazione radioamatoriale, anche in situazioni di normalità, potrebbe esser "interconnessa" con un'altra stazione (ricordiamo infatti che la nostra attività consiste, "…nell'espletamento di un servizio, svolto in linguaggio chiaro, o con l'uso di codici internazionalmente ammessi, […], di istruzione individuale, di intercomunicazione e di studio tecnico, effettuato da persone che abbiano conseguito la relativa autorizzazione generale e che si interessano della tecnica della radioelettricità a titolo esclusivamente personale senza alcun interesse di natura economica…", ved. l'art. 134, c. 1 del Codice). Questa norma era stata introdotta nel Codice per consentire di fatto l'utilizzo dei ponti ripetitori via Internet (ad esempio Echo Link); se quindi la si interpreta soltanto letteralmente, valorizzando il plurale ("l'interconnessione delle stazioni di radioamatore") ed il termine "interconnessione" (connessione tra due o più stazioni), si potrebbe sostenere la tesi che essa non riguardi affatto le stazioni remote perché, se così fosse, la norma si sarebbe riferita alla "connessione della stazione di radioamatore".
Se, al contrario, la si interpreta anche nel senso "teleologico", allora si potrebbe a mio avviso sostenere (in assenza, allo stato, di pronunce giudiziali al riguardo), che il Legislatore abbia inteso il termine "interconnessione" in modo atecnico ed il plurale a titolo esemplificativo, come a dire che se è legittimo trasmettere in Vhf su un ponte linkato ad internet e collegarsi così ad un altro ponte al di là della Manica per poi uscire "on air" in Inghilterra, allora dovrebbe esser consentito (a maggior ragione) anche solo collegarsi via web ad una sola stazione (la propria), ancorché non ripetitrice, al fine della mera sua remotizzazione. Ma i dubbi interpretativi, data la criptica formulazione della norma, non finiscono qui.
Ci si dovrebbe anche domandare, ma qui occorre chiedere aiuto a OM più "tecnici" di chi scrive, se vi possano essere dei casi diversi dalla situazione "Echo Link" e dalla remotizzazione che presuppongano però - comunque - la interconnessione con reti pubbliche di comunicazione elettronica; insomma: la norma è stata pensata anche (?) con riferimento alle stazioni remote o … per altre fattispecie? E poi, esiston forse reti pubbliche di comunicazione elettroniche diverse da Internet?
Chiedo in questo senso aiuto a Voi lettori, tenendo conto della definizione di cui all'art. 2, c. 1, lett. ‘tt' del Codice delle Comunicazioni, secondo la quale la rete pubblica di comunicazione elettronica è "… utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, che supporta il trasferimento di informazioni tra i punti terminali di rete". Tornando invece all'analisi dei profili più strettamente giuridici della questione, mi pare (se si accoglie la interpretazione n. 2, ved. supra) che si possa ragionevolmente sostenere (ma sarebbe auspicabile almeno una conferma in proposito da parte del Ministero) che un radioamatore autorizzato ad operare la stazione presso la sua residenza, possa remotizzarla nel senso di esser autorizzato a "pilotarla" via web anche collegandosi in Internet da una diversa località, purché ubicata all'interno del territorio nazionale (diversamente, occorrerebbe verificare se l'utilizzo da un Paese estero della stazione remota situata in Italia da parte del suo titolare sia o meno consentito dalla normativa interna a quello Stato).
Troverebbe - inoltre - applicazione (ved. L'Avvocato Risponde sulla RR di maggio) l'art. 12, c. 2 del Codice (norma di carattere generale), sicché solo il titolare della stazione (remota o non remota non fa differenza) può utilizzarla, salvo che l'OM utilizzatore, persona diversa dal responsabile, sia una "persona munita di patente che utilizzi la stazione sotto la diretta responsabilità del titolare"; in questo caso, aggiunge la norma, "deve essere usato il nominativo della stazione dalla quale si effettua la trasmissione". Con tutti i "se" ed i "ma" del caso, allora io potrei pertanto utilizzare dal mio Studio a Bergamo la stazione remota del radioamatore Tizio collocata a Chieti, sotto la responsabilità di Tizio, ma utilizzando non il mio call, bensì il nominativo di Tizio.
Si può tuttavia presentare anche il caso "inverso", che poi è proprio quello che Tu, Pietro, poni nel quesito; la Tua stazione si trova presso l'abitazione "cittadina" ove risiedi, ma desidereresti installare delle antenne fisse presso la casa di campagna dei Tuoi suoceri, collocando in quel luogo un'altra (?) stazione, a cui collegarTi da casa via Internet. Allora si potrebbe dire … facendo … "l'Avvocato del Diavolo", che in questo modo Tu non remotizzeresti la "Tua" stazione, bensì una diversa stazione (non autorizzata, ?). Ad una eccezione come questa, si potrebbe però replicare citando il primo comma dell'art. 13 del Codice che, come è noto, prevede che nell'ambito del territorio nazionale sia sempre consentito l'esercizio temporaneo della stazione di radioamatore, anche al di fuori della propria residenza o domicilio, senza necessità di alcuna comunicazione o particolare formalità. L'installazione di antenne fisse presso la casa dei Tuoi suoceri e l'aver collocato un apparato in quel luogo, per di più collegato alla rete Internet, può rientrare nella fattispecie del c.d. "uso temporaneo" della stazione?
La risposta sembrerebbe affermativa, posto che il concetto di "temporaneità" pare legato al tempo di utilizzo degli apparati, piuttosto che alle caratteristiche intrinseche di installazione delle antenne e/o dell'impianto (nel Dizionario della Lingua Italiana "temporaneo" sta a significare: "che ha una durata limitata nel tempo, che non è stabile o duraturo o definitivo, [...] ma provvisorio: ha ottenuto un incarico t.; il beneficio è solo t.; il malato ha avuto un t. miglioramento; è previsto un t. aumento della nuvolosità"). Tu quindi, per tornare all'esempio pratico, potresti sostenere che quella nella casa di campagna è pur sempre la "Tua" di stazione, (ancorché autorizzata formalmente presso il Tuo QTH cittadino) e che la utilizzi da remoto in modo non permanente, ma provvisorio, ovvero solo saltuariamente (né più, né meno di ciò che accade nelle nostre seconde case, quando ci trasferiamo per brevi periodi di vacanza e da lì facciamo qualche QSO, con l'unica differenza che in quelle situazioni il titolare della stazione è lì fisicamente presente).
1.continua