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PostHeaderIcon Il requisito di conformità delle antenne radioamatoriali

In questo numero Michele, IZ2FME si occupa di un’altra annosa questione: le nostre antenne radioamatoriali (acquistate da costruttori/venditori professionali o autocostruite), devono essere “conformi”? E, se sì, “a che cosa”? Ringraziamo il socio Alessandro Primavilla, IU0RFZ per aver sottoposto al “nostro” Avvocato questo quesito, che sarà certamente utile a molti di noi. Buona lettura! La Redazione.

DOMANDA: Buongiorno, Le sottopongo un quesito che probabilmente sarà già stato approfondito, ma non ho trovato in rete un chiarimento definitivo. La ringrazio se potrà rispondere tramite RadioRivista o se preferisce anche in privato. L’argomento è relativo alla necessità o meno della Dichiarazione di Conformità per le antenne dei radioamatori. Il problema nasce poiché - da una parte - risulta che il radioamatore per installare le sue antenne deve rispettare tutte le norme applicabili; infatti il Codice delle Comunicazioni Elettroniche (D. Lgs. n. 259/2003), prevede all’allegato 26 - art. 17 che «per la installazione delle antenne di radioamatore si applicano le disposizioni di cui all’art. 209 del codice nonché le vigenti norme di carattere tecnico, urbanistico, ambientale e di tutela della salute pubblica». Fra le norme tecniche da rispettare c’è evidentemente anche il Decreto Ministeriale 37/2008 che prevede appunto l’obbligo (art. 7) della dichiarazione di conformità, rilasciata dall’impresa installatrice, anche per le antenne.

Dall’altra parte nel sito ARI, quando si parla di assicurazione delle antenne, si dice che radioamatori sono esentati da «certificazioni di soggetti terzi» («si precisa che l’impianto di antenna è esente da obblighi di certificazione di soggetti terzi: la licenza radioamatoriale autorizza il soggetto all’installazione ed alla manutenzione di sistemi destinati all’uso concesso dall’autorizzazione medesima»»), ma non è citata la fonte normativa di tale esenzione.

In Internet ho trovato traccia (non copia) dell’esistenza di una Nota del Ministero dell’Industria del 1994 che pare ritenesse i radioamatori esenti dalla dichiarazione di conformità prevista dall’allora vigente legge 46/90, specificando che rimanevano comunque immutati gli obblighi relativi alla prevenzioni dei fulmini. I dubbi legittimi, che ho visti sollevati in più discussioni in merito a tale nota, sono: 1) in generale, una nota del Ministero non ha il potere di cambiare la legge, e quindi in sede giudiziaria tale nota non avrebbe rilevanza; 2) in ogni caso, la nota si riferiva alla legge 46/90, ora abrogata, e non all’obbligo di dichiarazione di conformità prevista dal vigente D.M. 37/2008.

Chiedo pertanto il Suo aiuto in relazione 1) alla fonte normativa della possibile esenzione dall’obbligo della dichiarazione di conformità per i radioamatori; 2) nel caso la fonte fosse la datata e “debole” nota ministeriale del 1994, se sarebbe possibile un’azione propositiva di ARI volta a una modifica del D.M. 37/2008, che specifichi che i radioamatori, in quanto abilitati dopo esame ministeriale e sperimentatori con la possibilità di variare continuamente la configurazione delle proprie antenne, sono esplicitamente esentati dall’obbligo della dichiarazione di conformità o, in via subordinata, che possano loro stessi produrre tale dichiarazione da conservare fra i documenti della stazione, ed esibire ove necessario.

Ritengo che il tema della dichiarazione di conformità delle antenne sia di particolare rilevanza in quanto, in assenza di chiarezza, esiste il rischio di trovarsi a operare fuori dalla legge con tutte le relative conseguenze in caso di incidenti, a meno di non chiamare un antennista ogni volta che si intenda fare una modifica delle antenne, per farlo lavorare ed emettere la relativa nuova dichiarazione di conformità... Grazie del Suo cortese e competente parere. 73! Alessandro Primavilla (IU0RFZ), Sezione ARI di Roma.

RISPOSTA: Caro Alessandro, prima di tutto fra noi radioamatori diamoci del Tu. Il quesito che mi sottoponi è di grande interesse, anche perché spesso capita, nella prassi, di sentirsi richiedere dagli amministratori di condominio la “dichiarazione di conformità” delle nostre antenne che, come giustamente fai rilevare anche Tu, sono spesso autocostruite, e quindi per forza di cose sprovviste di questo documento. Ma, come sempre, procediamo con ordine.

Iniziamo col dire che la legge n. 46/1990 è stata abrogata – ad eccezione di alcune norme che a noi non interessano – dall’art. 3 del D.L. n. 300/2006. Comunque, all’art. 1, lett. b) essa ricomprendeva nel suo campo di applicazione «gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche», e quindi, apparentemente, anche le antenne ad uso radioamatoriale che costituiscono una species della più ampia categoria logica. È vero che la legge n. 46/1990 non conteneva una deroga espressa per i radioamatori e le loro antenne.

Pare però – a mio avviso – che questa normativa non potesse essere applicata a noi OM. Ciò lo si poteva dedurre, indirettamente, dall’art. 6 della stessa legge (Progettazione degli impianti), laddove al comma 1, si stabiliva il principio secondo cui «per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti di cui ai commi 1, lettere a), b), c), e) e g), e 2 dell’articolo 1 è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti, iscritti negli albi professionali, nell’ambito delle rispettive competenze». Questa disposizione era in contrasto con le norme speciali contenute anche nella normativa ante D. Lgs. n. 259/2003, che consentivano e consentono ai radioamatori – proprio in quanto soggetti muniti di idonea patente – di installare i correlativi impianti nel rispetto delle sole disposizioni contenute in quella normativa speciale (senza dover redigere alcun progetto). All’epoca, infatti, le norme applicabili erano contenute negli artt. 330, 331 e 332 del d.P.R. n. 156 del 29 marzo 1973, che proprio questo principio riaffermavano.

Non a caso l’Amministrazione delle Poste e delle Comunicazioni, Direzione Centrale Servizi Radioelettrici, con la circolare n. DCSR/5/3/024683 (17 settembre 1980), affermava: «risulta alla scrivente che numerosi radioamatori, una volta ottenuta la concessione all’impianto ed all’esercizio di stazione di radioamatore rilasciata da questo Ministero ai sensi degli artt. 330, 331 e 332 del d.P.R. 29.03.73 - n. 156 e attestata dalla relativa licenza, incontrano notevoli difficoltà ad attivare la stazione oggetto della concessione per l’opposizione dei proprietari degli stabili nei quali abitano che contestano la legittimità della installazione dell’antenna. La concessione di cui trattasi è diretta a consentire l’impianto e l’esercizio della stazione nel suo complesso così come è definita dall’art. 315 del d.P.R. 29.3.1973 - n. 156, per cui, in mancanza dell’antenna, elemento inscindibile della stazione stessa, la concessione sarebbe vanificata. Pertanto allo scopo di fornire agli interessati, utili elementi chiarificatori della situazione, si è ritenuto di predisporre la lettera di cui si unisce la copia, che sarà inviata ai radioamatori già titolari di concessione che ne ravvisino la necessità, oltre naturalmente a tutti i nuovi radioamatori contestualmente al rilascio della prescritta concessione. A questo scopo codesta Associazione qualora lo ritenga, potrà darne comunicazione su Radio Rivista, organo ufficiale di codesta Associazione medesima». Quindi le nostre antenne sono a tutti gli effetti «elementi inscindibili delle stazioni stesse» e, come tali, soggiacciono alle norme autorizzative inerenti alle stazioni in quanto tali.

L’ARI, in tempi “non sospetti”, si era già attivata per sollecitare gli organi preposti della Pubblica Amministrazione a fornire dei chiarimenti in merito. Con nota n. 704/1994 del 2 maggio 1994, l’Associazione richiese al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato - Ispettorato Tecnico, uno specifico parere al riguardo (vedi anche l’accorata lettera che in data 21 gennaio 1994 il Presidente Ortona indirizzò allo stesso Ministero, RadioRivista 8/1994, pag. 18). Il Ministero, con la nota n. 161681 del 31 maggio 1994 a firma del Direttore Generale dott. G. Ammassari, rispose che «è stato posto un apposito quesito all’Ufficio Legislativo di questo Ministero per un’analoga richiesta presentata dall’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni», senza tuttavia sbilanciarsi (vedi RadioRivista 8/1994, pag. 19).

A soli quattro anni dall’entrata in vigore della legge n. 46/1990) il Ministero del Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato, con propria nota del 7 maggio 1994 a firma del Capo Ufficio Legislativo (che pervenne addirittura prima della risposta del dott. Ammassari!), così si espresse: «a giudizio dello scrivente, peraltro, l’esenzione delle attività radioamatoriali potrebbe trovare giustificazione sia nel carattere di “sperimentazione” riconosciuto dal Regolamento internazionale delle radiocomunicazioni (Ginevra, 1979) reso esecutivo con d.P.R. 27.7.1981, n. 740, sia nella esaustiva disciplina speciale della materia che prevede, tra l’altro, la possibilità per l’Amministrazione postale di dettare prescrizioni tecniche (art. 9 d.P.R. 5.8.1996 n. 1214) e di procedere ad ispezioni delle stazioni radio (art. 16 citato d.P.R. n. 1214). Gli interessati devono essere altresì in possesso di apposita concessione di impianto ed esercizio di stazione di radioamatore (art. 330 d.P.R. 29.3.73 n. 156) che può essere rilasciata solo a chi abbia conseguito apposito titolo di abilitazione (patente di radioamatore) a seguito di esame vertente su discipline tecniche e regolamentari, ivi inclusi elettrologia ed elettrotecnica, effetti fisiologici della corrente elettrica e norme di protezione. Resta peraltro salva la necessità di garantire una reale applicazione della norma CEI 81/1 (protezione di strutture contro i fulmini), oggi CEI 81/10 qualora una installazione di antenna radioamatoriale possa, in relazione alle sue caratteristiche, alterare l’altezza virtuale di un edificio e quindi rendere necessaria una protezione di tutto l’edificio contro i fulmini».

A questa nota ne seguì un’altra da parte dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni - Direzione Centrale (determina del 9 settembre 1994, n. DCSR/6/6/AC, a firma dell’ing. Francesco Avanzi, vedi RadioRivista 10/1994, pag. 20), con la quale l’Ufficio, sulla stessa “lunghezza d’onda”, specificava ulteriormente che «il medesimo Dicastero dell’Industria, con nota del 7 maggio 1994, […] ha ritenuto che l’attività radioamatoriale possa considerarsi esente dalle previsioni della legge 46/90, restando però salva la necessità di garantire una reale applicazione della norma CEI-81/1 (protezione di strutture contro i fulmini), qualora una installazione di antenna radioamatoriale possa, in relazione alle sue caratteristiche, alterare l’altezza virtuale di un edificio e quindi rendere necessaria una protezione di tutto l’edificio contro i fulmini». Nella stessa nota la Direzione Centrale specificava anche il motivo del tutto logico di questa interpretazione: «la scrivente si è inoltre fatta carico presso il predetto Ministero, di rappresentare le preoccupazioni dei radioamatori, la cui attività tecnico-scientifica e non commerciale, verrebbe ad essere vanificata in seguito ad una applicazione letterale della normativa in parola».

È corretto, Alessandro, quanto Tu affermi in ordine al fatto che una circolare ministeriale (e, più in generale, un atto o un provvedimento interno alla Pubblica Amministrazione), nella gerarchia delle fonti, non può né integrare, né men che meno derogare a una norma (in questo caso addirittura di legge) di rango superiore (fra i molti precedenti, TAR Lazio, Roma, Sez. III, 19 maggio 2011, n. 4388). Qui però questi provvedimenti si limitano entrambi a evidenziare – in via meramente esplicativa – un principio giuridico che discende dal rapporto fra due norme aventi pari rango: da una parte la legge n. 46/1990 (generale), e dall’altra i d.P.R. n. 156/1973 e n. 740/1981, leggi speciali che si applicavano a noi radioamatori e che presupponevano la libera “attivazione” della stazione, una volta ottenuta il rilascio della patente e la relativa licenza.

Infatti, come giustamente ricordava il Ministero, l’art. 315 del d.P.R. n. 156/1973 definiva la stazione radioelettrica come l’insieme di «uno più trasmettitori o ricevitori od un complesso di trasmettitori e ricevitori, nonché gli apparecchi accessori necessari per effettuare un servizio di radiocomunicazione in un determinato punto»: fra gli «apparecchi accessori», evidentemente, non potevano che esser ricomprese anche le antenne – vedi la definizione sostanzialmente analoga di «stazione radioelettrica» nel Codice delle Comunicazioni Elettroniche, art. 2, c. 1, lett. zzz). Fra l’altro, questo principio, vale a dire la non obbligatorietà dell’ottenimento delle certificazioni di conformità delle nostre antenne ex lege n. 46/1990, è stato affermato anche in una decisione resa dalla Corte d’Appello di Napoli (16 gennaio 2002, n. 144), purtroppo rimasta inedita, che trovate citata nell’interessante articolo di Claudio Romano, IK8FPI su RadioRivista 1/2003 (pag. 31).

Giusto per completezza, ricordiamo che dopo la legge n. 46/1990 è intervenuto il Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici: si tratta del Decreto Ministeriale n. 37 del 22 gennaio 2008, che ricalca, con alcuni distinguo che è inutile esaminare in questa sede, l’impianto originario della legge n. 46/1990. Valgono tuttavia, anche rispetto a questo D.M., le stesse considerazioni che abbiamo fatto in relazione alla non applicabilità a noi radioamatori delle disposizioni contenute nel decreto.

Basta considerare – per convincersene – il contenuto dell’art. 7 (Dichiarazione di conformità): «al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell’impianto, l’impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all’articolo 6»: ma i radioamatori non si avvalgono, di norma, di «imprese installatrici», essendo degli sperimentatori e procedendo in via autonoma all’installazione di antenne, se non addirittura all’autocostruzione degli apparati (vedi il mio articolo su RadioRivista 3/2024). Infine, con il Decreto Ministeriale del 19 maggio 2010 sono stati semplicemente modificati i modelli allegati al precedente D.M.

Quanto abbiamo appena riferito sembra trovare conferma, in tempi più recenti, nelle norme contenute nell’art. 2, comma 4 del D. Lgs. n. 269/2001 (vedi ancora la rubrica «Dalla parte della Legge» in RadioRivista 3/2024), nonché nel D. Lgs. n. 128 del 22 giugno 2016 (Attuazione della direttiva 2014/53/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE), laddove, nell’elenco delle «apparecchiature non contemplate» (Allegato I), rientrano proprio le «apparecchiature radio utilizzate da radioamatori ai sensi dell’articolo 1, definizione 56, delle norme radio dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU), tranne nel caso in cui le apparecchiature siano state messe a disposizione sul mercato». Con la ulteriore precisazione che «non sono considerati messi a disposizione sul mercato: a) i kit di apparecchiature radio destinati a essere assemblati e utilizzati da radioamatori; b) le apparecchiature radio modificate da radioamatori ad uso degli stessi; c) le apparecchiature costruite da singoli radioamatori per scopi scientifici e sperimentali nel quadro dell’attività radioamatoriale». Ergo, se è vero, come è vero, che le antenne rientrano a tutti gli effetti nel concetto di apparecchiatura/stazione radioamatoriale, allora di certo le antenne autocostruite o modificate sono esenti da tutto quanto sopra.

Infine, quanto alla eventuale “azione propositiva” da parte dell’ARI per ottenere il recepimento all’interno di un nuovo articolato ministeriale della deroga espressa dal doversi procurare, noi radioamatori, la dichiarazione di conformità per le nostre antenne, giro senz’altro la Tua richiesta al Consiglio Direttivo. Ti devo confessare, però, che – per esperienza – sarebbe bene procedere con cautela, perché, in un panorama legislativo così complesso quale è quello in cui ci troviamo, non è escluso che a fronte di una simile richiesta, qualcuno possa adottare determine potenzialmente per noi pregiudizievoli. Come si dice dalle mie parti, a volte è preferibile “soffiare sulla minestra fredda”.

Un’ultima osservazione: nel frattempo è entrato in vigore (dal 28 aprile 2024), il D. Lgs. n. 48/2024 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 2024), recante Disposizioni correttive al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 207, di attuazione della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, che modifica il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante il codice delle comunicazioni elettroniche. Ad ogni buon conto, non mi pare che nel nuovo articolato correttivo vi siano disposizioni dissonanti rispetto a quanto ho scritto sopra.

Spero di averTi risposto. Con i miei migliori 73 e a presto.

Avv. Michele Carlone, IZ2FME