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Quando gli opposti si attraggono
Gabriele Villa, I2VGW
Ci sono situazioni, luoghi, cose e, soprattutto, persone, che non c’entrano nulla tra loro eppure si attraggono. Ben più di quanto possano o avessero potuto mai immaginare. Senza scomodare la fisica e la chimica, che lo hanno dimostrato con il magnetismo, è un dato di fatto, non solo una semplice ipotesi azzardata. E quel ben più che un legame di attrazione potremmo sintetizzarlo in una salda indiscutibile, unica, friendship. Dite la verità, quante volte abbiamo abusato un po’ tutti noi radioamatori di questa definizione, che rappresenta una sorta di ombrello protettivo e, talvolta persino di alibi alla nostra comune passione. Eppure, mai come in alcune mie recentissime frequentazioni ho avuto modo di convergere io stesso verso poli opposti ai miei. Perlomeno apparentemente opposti ai miei routinari interessi radiantistici. E quindi di ricredermi, ritrovandomi in una situazione piacevolmente spiazzante.
Che, una volta di più, mi ha consentito di comprendere come il nostro variegato mondo delle mille sfaccettature consente proprio di incontrarsi di scambiarsi idee ed esperienze in modo sempre e comunque stimolante. E vengo agli opposti in cui mi sono imbattuto recentemente: la Convention DCI, e non solo DCI, ovvero del folto popolo di chi ama attivare e collegare i Castelli, le Abbazie e le oasi floro-faunistiche della nostra splendida Italia e il Convegno Romagna, l’antesignano dei Convegni tecnico-scientifici, dedicato al mondo degli appassionati, anche in questo caso numerosissimi, di tutto quanto attiene alla sfera degli oltre 30 MHz, come, peraltro, recita il titolo della nostra rubrica periodica su RadioRivista. Sono state, lo ammetto e ne faccio ammenda, due mie prime volte. Alla tre giorni di Mondovì tenutasi à côté di quel gioiello architettonico e religioso che è il Santuario di Vicoforte, nel Monregalese, ho partecipato nella triplice veste di relatore, uditore e rappresentante del Consiglio Direttivo dell’ARI, in qualità di presidente facente funzioni. Mentre al Convegno, promosso, come tradizione impone, dalle Sezioni romagnole della nostra Associazione, ci sono stato in veste di ascoltatore e di rappresentanza. Non sono un gran cacciatore, né attivatore di Diplomi a tema, come nel caso di specie, né mi posso definire uno che sulle V-U e dintorni sia particolarmente presente. Chi mi conosce sa che sono spesso con la valigia in mano (e con la “Radio in valigia”) e che preferisco affrontare, da un trentina di anni a questa parte, il mondo del DX “stando nel DX” cioè dentro le DXpedition. Come in questo caso. Altra prima volta delle mie numerose prime volte, in cui scrivo, in un particolarissimo contesto, queste righe dell’editoriale che state leggendo. Cioè nella, tutto sommato accogliente, capanna-Bungalow, numero 9, (protetta da una testa di zebù affissa alla porta) nel villaggio di Chitungwiza, ad una trentina di chilometri da Harare in Zimbabwe, come co-leader di Z23MD, l’annuale DXped internazionale organizzata dal Mediterraneo DX Club. Ma torniamo ai nostri, anzi ai miei opposti che attraggono e mi attraggono. Ecco. In entrambi i casi, è stato tonificante ed educativo per me salire, sì sul palcoscenico degli ospiti, ma, soprattutto, restare in platea con la testa e con il cuore. Per condividere con amici di antica data e altri nuovissimi, a cui ho avuto l’onore di stringere la mano, qualcosa di autenticamente originale ed istruttivo: la loro esperienza sul campo nazionale, i loro racconti, le difficoltà oggettive e quotidiane nel piazzare anche un semplice dipolo o nel rispettare i confini di un sito protetto, rispettando parimenti anche i parametri imposti dai regolamenti per l’attivazione di quei siti e quindi di quei Diplomi.
Questo in quel di Mondovì, dove ho trovato gente, a cominciare dal presidente di Sezione, Edoardo Ambrassa IW1EVQ, che le maniche per l’ARI e per la Radio, se le rimbocca quotidianamente senza far troppo rumore anche quando se le rimbocca. Al Convegno Romagna il camminare su campi poco battuti dai miei segnali, dai miei interessi e ascoltare poi, nel mio ruolo temporaneo di presidente ARI, i consigli degli astanti, le loro aspettative, le loro esigenze (trovo che sia importante e stimolante essere sempre più esigente anche con se stessi) è stato davvero, l’ho detto in quella sede, ovvero la Ravenna dei mosaici, come aggiungere un tassello luccicante di professionalità nel mosaico della nostra Associazione. Nel patrimonio che essa custodisce e che deve difendere negli anni a venire. Per fortuna nostra e del Radiantismo italiano sono rimasti e fioriscono ancora sperimentatori e tecnici di eccellenza, capaci di far sbalordire (così si diventa poli opposti che si attraggono) anche i più saccenti e scettici concorrenti. Grazie ai risultati che perseguono, hanno perseguito e agli ambiziosi traguardi che continueranno a raggiungere. Che ne dite allora, “magnetici” e sempre più innovativi, come tante prime volte, di farci e farvi così, fuori dagli schemi e dalle banalità, gli auguri di ogni bene per le prossime festività?
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