Due o tre cose che avrei da dire
Gabriele Villa, I2VGW
"Ogni volta che si ottiene un certo successo ci si fa un nemico. Per essere benvoluti da tutti bisogna essere mediocri”. Mi è tornata in mente questa frase, e ringrazio per l’occasione, ancora una volta, il mio compagno di letture, Oscar Wilde, che della frase medesima è l’autore, l’indomani della prova generale della nostra Assemblea ARI. Attribuisco la definizione generale proprio alla “prova” e non all’Assemblea stessa, perché ho avuto l’onore, come riportano fedelmente le registrazioni audio che ho ascoltato poi, di essere stato l’obbiettivo di alcuni illuminati delegati che hanno pensato bene di addossare a me, e naturalmente solo a me, la colpa del “naufragio” dell’Assemblea che è andata come è andata. Anzi, non è andata.
Ovviamente la mia assenza (come peraltro, che mi risulti, anche quella degli altri assenti) era stata notificata al CDN e al CSN per tempo e ampiamente giustificata e motivata dal mio lavoro, che è quello, lo ricordo se qualcuno se ne fosse dimenticato, di giornalista e che mi vedeva in viaggio, in quella mattina. In viaggio, ribadisco. A bordo di un aereo, sottolineo. E faccio questa precisazione perché qualcuno, addirittura un presidente di Comitato Regionale si è sentito in dovere di ironizzare e denunciare, con una virulenta lettera mandata a tutte le “sue” sezioni sul fatto che io, in viaggio, non potessi collegarmi col telefonino e aprire, quindi, i lavori assembleari. Divertente quanto lacunosa osservazione dato che su un aereo i telefoni cellulari, come forse qualcuno saprà, debbono essere tenuti spenti. E io ero su un aereo. Aereo di una nota Compagnia iberica e non il mio aereo personale che, pure, con il generoso stipendio dell’ARI, potrei permettermi di possedere.
Faccio questa altra precisazione perché, secondo qualche altro illuminato delegato, (ma quanto illuminazione c’era in alcuni delegati!) essendo io pagato per fare, primo giornalista professionista nella storia dell’ARI, quindi prima persona al posto giusto, il direttore di RadioRivista, avrei dovuto, appunto dovuto per dovere, partecipare all’Assemblea.
Per contratto, insomma. Ma come hanno sottolineato, giusto in due righe post assembleari, i colleghi del CDN, direttore pagato da Ediradio per dirigere RadioRivista non è uguale a vicepresidente pagato per partecipare all’Assemblea. E poi. Poi c’è la parte strappalacrime e sconcertante, sinceramente, di chi si è lamentato per aver perso tempo prezioso. Anche se questo tempo prezioso si è tradotto, soltanto, nell’essere stato costretto ad accendere un pc stando a casa propria, ribadisco, a casa propria. Eppure costretto a rinunciare ad abbracciare i propri cari, a rinunciare ad assistere alla matrimonio della cugina della cugina, o alla prima Comunione del pronipote. Ma come? Mi domando e vi domando. I delegati, che io sappia, erano tutti collegati da casa o da altri luoghi, più o meno ameni da loro abitati, e non erano costretti a partire per partecipare fisicamente all’assemblea. E i loro familiari erano in cucina o in salotto o in giardino se avessero assolutamente abbracciarli in quel momento. E, aggiungo che, se avessero dovuto e voluto realmente spostarsi per necessità visto e considerato che l’Assemblea non si poteva aprire avrebbero avuto tutto il tempo per recarsi dove avrebbero dovuto recarsi. Pensate che io, quando sono mancati i miei genitori, in entrambe le occasioni, ero lontano da loro perché il mio giornale mi aveva spedito altrove per lavoro dato che ero pagato come inviato. Che cosa avrei dovuto fare? Fare causa al Giornale per mancato e ovviamente dolcissimo, struggente abbraccio di congedo?
Sono davvero amareggiato, credetemi, per quanto ve ne freghi qualcosa, visto quello che alcuni di voi hanno detto e scritto su di me. E ritengo patetico chi si è aggrappato alle scuse di cui sopra per trovare un bersaglio mobile, o meglio, in volo, da fiocinare. Sto perdendo dei voti? Probabilmente sì, ma anche no. Perché sapete bene che non mi sono candidato. Sto perdendo la direzione di RadioRivista? Non lo so, ma del resto, sic stantibus rebus, posso immaginare che ci siano tanti Non giornalisti e Non professionisti che ambiscano dopo di me a giocare (a pagamento, s’intende) con aggettivi, avverbi, copertine e doverose incombenze, come quelle che spettano ad un direttore vero e professionista, di fare titoli, passare articoli, scrivere -un editoriale in lingua italiana, se possibile, e decidere come dare un senso compiuto ad ogni numero della rivista.
In ogni caso grazie. Grazie a coloro che hanno avuto illuminazioni così luminose e a chi ha invece preferito star zitto, facendo più bella figura e dando la giusta importanza ad un avvenimento che, anche se naufragato, non ha cambiato il destino degli uomini. E dell’ARI. Cui ancora una volta auguro il meglio e il governo migliore.